A volte ci dobbiamo sacrificare per amore, nostro e degli altri.

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    Titolo: A volte ci dobbiamo sacrificare per amore, nostro e degli altri.
    Autore: Veronica Consonni D'Artagnan
    Rating: G (Per tutti) - PG-13
    Personaggi:
    Genere: Avventura - Sentimentale - Introspettivo - Drammatico
    Ambientazione: Tra la seconda stagione e post serie
    Avvertimenti: Fanon / OOC (out of character - personaggio fuori caratterizzazione) / Missing moment / Spoiler seconda e terza stagione - Crossover (Versailles + libro + storia vera)
    Lunghezza: Storia a capitoli
    Note dell'autore: Le date e le età potrebbero non tornarvi, dato che mi baso sulla VERA storia dei personaggi, in particolar modo prendo in considerazione D'Artagnan e la serie. Quindi alcuni dei VERI personaggi ai tempi potevano essere già passati a miglior vita o essere più grandi o più piccoli a seconda.

    A volte ci dobbiamo sacrificare per amore, nostro e degli altri.



    Ottobre 1638


    Dopo giorni di pioggia incessante quella notte la luna rischiarava i vicoli di Parigi.

    Allo Châtelet Sofia Martinez, questo il suo vero nome, colei che i moschettieri avevano scortato a palazzo il giorno prima pensando fosse la principessa Luisa di Mantova, cugina di Louis XIII, la fissava contando le ore che la separavano dalla pena capitale.
    Una guardia stava effettuando il giro delle segrete per controllare che tutto fosse tranquillo e che nessun detenuto stesse tentando di fuggire.
    Giunto davanti alla cella della fanciulla vi sostò per più tempo dal momento che aveva il compito di sorvegliarla più degli altri poiché gli era stato riferito che non era una carcerata qualunque.
    D’un tratto si udì un rumore, come se qualcuno avesse sbattuto qualcosa di pesante a terra: Sofia sobbalzò, l’uomo invece cadde a peso morto al suolo dopo essere stato colpito alle spalle.
    Alcuni istanti dopo si sentì un tintinnio provenire dal mazzo di chiavi del soldato e immediatamente dopo una di esse girare nella serratura:
    «Chi c’è?» Chiese spaventata la giovane.

    Nessuno rispose, poco dopo però la soglia si aprì facendo sì che ella concentrasse la sua attenzione verso l’entrata e domandasse nuovamente:
    «Chi siete? Cosa volete?»

    Il silenzio si prolungò, Sofia continuava a scrutare la figura dell’uomo, perché di uomo si trattava data la stazza, avvolta dal buio … A un certo punto la persona entrata in cella pronunciò queste parole: «Non preoccupatevi, non voglio farvi del male» Svelando una voce che ella riconobbe.

    «D’Artagnan? Cosa ci fate Voi qui?»

    L’uomo fece due passi verso la luce che entrava dalla finestra mostrandosi definitivamente: «Sono venuto a liberarvi. Avete commesso dei reati gravi è vero, ma mi avete tolto di mezzo Bonaciuex e ve ne sarò eternamente grato. Inoltre, fin dai primi istanti ho sentito che avete un animo buono e che quello che avete fatto nelle ultime ore fa parte di una cosa più grande di Voi».

    La ragazza lo guardò incredula, non riusciva a capire se la stesse prendendo in giro o se facesse sul serio, per quanto ne sapeva lei D’Artagnan avrebbe potuto benissimo portarla via da lì per eseguire in segreto lui stesso la sentenza.

    «Dubitate delle mie parole, lo leggo dal vostro sguardo. Vi capisco, al posto vostro anche io sarei titubante, ma vi giuro che è davvero ciò che intendo fare» Disse egli.

    Nonostante il tentativo di rassicurarla sul volto della donna continuava a persistere un’espressione dubbiosa, perciò per essere certo che si fidasse di lui alle parole dovette far seguire i fatti: Si avvicinò quindi a lei togliendole le catene dai polsi.

    «Siete impazzito? Se qualcuno ci trovasse ci ucciderebbe all’istante» Asserì Sofia che non riusciva a dare totale fiducia al suo interlocutore.

    «Ne sono consapevole, ma come vi ho detto poc’anzi mi avete liberato di un enorme peso, anche se Constance non ne vuole sapere: Sembra che ora che Bonacieux è morto gli debba più obbedienza di quanta non gliene abbia data quando era in vita» Chiarì D’Artagnan.


    Dopo averla liberata le disse di attendere un momento, voleva verificare che non ci fossero altre sentinelle nei paraggi.

    Mentre usciva per assicurarsi che la via fosse sgombra sentì una voce e dei passi che lo intimorirono …


    «DANNAZIONE!» Proruppe.

    «Cosa succede?» Chiese Sofia.

    «Sta arrivando un secondino, presto tornate al muro» Rispose D’Artagnan.


    Sofia spalancò gli occhi sbigottita, un po’ perché ancora non riusciva a comprendere le intenzioni del moschettiere e un po’ perché quello per lei era solo un brutto sogno.

    D’artagnan se ne accorse e tentò di nuovo di rincuorarla: «Rilassatevi, vi ho promesso che vi avrei portata via da qui ed è quello che intendo fare, ora però tornate al muro, prendete le catene e mettetevi le mani dietro la schiena di modo che quella "volpe" non si renda conto che le avete libere, nel frattempo io cerco di sfilare la chiave dal mazzo e rimettere il resto attaccato alla cintura. Auguratevi che ci riesca altrimenti per noi sarà davvero la fine».

    Dopo quel breve dialogo l’uomo uscì sperando che il soldato che stava per arrivare non fosse così vicino da poter rovinare i suoi piani.

    Passarono alcuni secondi e l’uomo imprecò nuovamente: «Maledetta chiave, ti prego collabora»

    «Ditemi che ce la fate» Supplicò Sofia.


    D’Artagnan per l’ennesima volta non rispose ma dopo aver litigato un po’ con la chiave che non voleva sfilarsi riuscì ad avere la meglio.
    Si volse verso la donna ribadendole di fare attenzione a ciò che faceva e diceva di modo che il militare che li stava per raggiungere prima che fossero in grado di fuggire non avesse sospetti.
    Stava per rientrare in cella ma si fermò, guardò il soldato steso a terra pensando che se l’avessero trovato così, forse avrebbero avuto modo di capire che qualcosa stava accadendo, quindi lo prese sotto le spalle e lo poggiò al muro per far sembrare che si fosse addormentato.
    Rientrato in prigione con la donna mise la chiave nella toppa della porta: Fece per dare una mandata ma Sofia lo fermò: «Aspettate! Mi duole dirvelo, ma pensandoci bene temo abbiate fatto tanta fatica per nulla, se davvero la sentinella è così vicina girando la chiave si sentirà il rumore dell’uscio che viene richiuso e questo potrebbe allertarlo, prendete una delle forcine, funzionerà lo stesso e di sicuro sarà più silenziosa».

    Sofia, che ricordiamo aveva i polsi liberi, si tolse un fermaglio dai capelli, lo passò all’uomo che lo sostituì alla chiave.

    Il piano fin lì era andato a gonfie vele, la forcina aveva effettivamente agito senza fare rumore.
    Dopo aver dato la mandata alla porta D’Artagnan si appoggiò al muro in attesa di vedere cosa sarebbe successo.

    «Qualunque cosa succeda io non sono qui, intesi?»

    Sofia fece cenno affermativo con la testa.

    «Bene, ora tornate a osservare la luna» Concluse D’Artagnan.


    Come ordinato la ragazza tornò ad avere lo stesso comportamento che stava tenendo prima dell’arrivo del moschettiere cercando di non dare nell’occhio.

    Quando il secondino fu di fronte alla prigione e vide il compagno appoggiato al muro disse: «Ehi amico, io ti mando a controllare la prigioniera e tu ti addormenti?»

    L’uomo, stordito dal colpo ricevuto poco prima, sentendo la voce del compagno riprese conoscenza e disse: «Non stavo dormendo, qualcuno mi ha colpito alle spalle e credo abbia preso le chiavi».

    «Le hai attaccate alla cintura furbone» Replicò l’altro.

    Il “genio” diresse lo sguardo verso la sua cintura e con stupore si rese conto che sì, le chiavi erano davvero al loro posto, ma essendo entrambi stupidi non si resero conto che ne mancava una.

    Mentre i due bisticciavano come bambini, nella cella D’Artagnan conscio che se lo avesse fatto il suo piano che fino a quel momento era risultato perfetto sarebbe andato in fumo, riusciva a stento a trattenersi dal ridere.


    «La prigioniera» Esclamò la “volpe”.

    «È nella sua cella» Replicò il compagno.


    Il moschettiere non ne poteva più, pregava che i due la smettessero il prima possibile e si allontanassero da lì.

    Il soldato appena giunto, esasperato, a quel punto gli disse: «Da’ un’occhiata tu stesso e poi andiamocene, mi sembra che tu stasera abbia bisogno di riposo».

    Il fenomeno da circo guardò nella finestrella appurando che il suo socio aveva detto il vero e dovette confessare che … «Hai ragione, temo di aver bisogno di riposo, ti prego però di non dirlo a nessuno, non voglio rischiare di essere condannato per essermi addormentato in servizio».


    Il compagno, perplesso ma allo stesso tempo mosso a compassione, gli gettò uno sguardo e lo rassicurò: «D’accordo, per questa volta non dirò nulla, ma se succede di nuovo lascerò che ti taglino la testa».

    Detto ciò si allontanarono.

    Passò qualche istante, D’Artagnan uscì dalla cella per controllare che fosse la volta buona per la fuga.
    Assodato che quello fosse il momento adatto si voltò verso Sofia: «Coraggio venite, non vorrei che arrivi qualcun altro» Aggiungendo le seguenti raccomandazioni: “Statemi vicina e mi raccomando non fate rumore altrimenti siamo spacciati» Concluse.

    La giovane sempre più terrorizzata e incredula di tutto ciò che stava succedendo proferì ancora: «C’è il rischio che gli altri detenuti ci vedano».


    «Non vi preoccupate, conosco un’uscita secondaria che non passa davanti alle altre celle» Cercò di tranquillizzarla nuovamente.

    La ragazza lo scrutò sospettosa

    «È una storia lunga, se riusciamo a uscire di qui vivi ve ne parlerò» Confidò egli.

    «Ho paura» Esclamò ancora la donna con tono sempre più angosciato.

    A quel punto l’uomo si girò verso di lei, le poggiò le mani sulle spalle e le disse in modo perentorio: «Fissatemi negli occhi … Ve ne prego fidatevi, non ho motivo per mentirvi».

    Sofia incrociò il suo sguardo con quello di D’Artagnan, sospirò, poi fece un mezzo sorriso, segno che voleva fidarsi di lui.

    L’uomo la prese per mano e la trascinò all’esterno.
    Se fino a quel momento era riuscito a trattenersi, il pover uomo, una volta fuori dalla cella scoppiò a ridere … «Non ci credo, come fanno Rochefort e Richelieu a sopportare questi idioti? Ci odiano così tanto da non accorgersi di avere intorno gente che meriterebbe di essere ghigliottinata per la propria stupidità?»

    La fanciulla gli rivolse l’ennesimo sguardo, non sapeva se essere in collera con lui per il fatto che le sue risate avrebbero fatto perdere tempo per la fuga, con il rischio di essere scoperti o se lasciare che si sfogasse, in fondo aveva ragione, quelle due guardie meritavano di essere prese in giro.
    Decise di lasciarlo sfogare per qualche attimo ma quasi subito si fece seria e disse: «Non vorrei mettervi fretta ma dobbiamo andare, se passa qualche uomo di Rochefort e ci vede qui fuori ci ucciderà».

    D’Artagnan si bloccò di colpo rischiando di soffocare.

    Il tempo di riuscire a tornare a respirare normalmente e si voltò verso la sua dama: «Giusto! Meglio andare prima di rischiare di diventare spiedini per la spada di qualche guardia rossa … *sempre che quegli idioti sapessero come si infilzasse un avversario*”».

    Prese di nuovo per mano la giovane e guardandosi attorno si incamminarono con passo svelto verso l’uscita delle prigioni.

    Qualcuno si accorse che i due stavano tentando la fuga e diede l’allarme. Di lì a poco una guardia li raggiunse.
    D’Artagnan che era qualche passo dietro Sofia fu preso.
    La donna rimase immobile, quasi come se fosse stata pietrificata:
    «Che fate lì impalata? Scappate almeno Voi mentre io lo tengo occupato … Fidatevi non lascerò che vi ricatturi» La incalzò.

    «Non posso abbandonarvi, verrete ucciso» Ribatté ella.

    «Non preoccupatevi per me» Replicò severamente egli.



    Capitolo 2

    Edited by Veronica Consonni D'Artagnan - 1/1/2022, 22:11
     
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    Finalmente dopo un parto di 2 anni almeno il primo capitolo è terminato (ora aspetterete altri due anni per il prossimo ... Scherzo, forse, spero di metterci meno per il resto.

    Edited by Veronica Consonni D'Artagnan - 17/8/2021, 10:40
     
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