Il cappello

Storia iscritta al contest "E se..."

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    Il cappello


    Constance si dirigeva verso il mercato. Come ogni mattina si era alzata di buon’ora, aveva indossato il primo abito che le era capitato, aveva preparato la colazione per Bonacieux e preso il paniere per andare a fare la spesa. Una routine a cui iniziava inflessibilmente ad abituarsi.
    La piazza era gremita di persone come ogni mattina: i venditori urlavano i prezzi della loro merce con la speranza di persuadere i clienti a sostare al loro bancone ed eventualmente acquistare i loro prodotti. Per quanto chiassoso, a Constance piaceva il mercato, era una delle poche occasioni in cui poteva passeggiare da sola circondata dalla gente e senza preoccuparsi che le occhiate indiscrete di certi uomini guastassero l’umore del marito. Non era contenta nemmeno lei di tutti quegli sguardi languidi che si posavano sulle uniche parti del suo corpo che non fossero scoperte, ma ci aveva fatto l’abitudine sin da quando aveva capito cosa significava essere donna.
    Acquistò delle uova da madame Polly, passò per il banco di Horace per la lattuga, le carote ed il sedano: aveva intenzione di sperimentare una nuova ricetta per quella sera.
    Si accostò per caso al bancone di Maurice, il suo pescivendolo di fiducia: quel giorno vendeva dei merluzzi davvero invitanti.
    Mentre le incartava il pesce, l’uomo esclamò: “È tutta roba fresca come questa giornata! Non trovate che faccia un po' di freddo nonostante il sole?”.
    Come se le sue parole fossero state ascoltate da un’entità suprema, improvvisamente, si gettò una rapida folata di vento che smosse il suo vestito.
    Qualcosa le atterrò ai piedi: era un cappello, probabilmente era volato a qualcuno. Nello stesso istante si sentirono delle urla provenire alle spalle di Constance.
    “Fermatelo! Ha ucciso un uomo!”.
    “Fermatelo! È un assassino! Non ci sfuggirai!”.
    “Fermatelo!”.
    Si sarebbe voltata a guardare che sorta di criminale provocasse così tanto clamore da farsi inseguire già alle nove del mattino, quando vide con la coda dell’occhio un uomo che si apprestava a guardare a terra, alla ricerca di qualcosa.
    Raccolse il copricapo e gridò al suo proprietario: “Monsieur, per caso avete perso voi questo?”, disse sventolando il cappello.
    “Sì, è mio! L'ho perso un momento fa a causa del vento, grazie madame!”.
    Una volta presolo, con un cenno del capo si congedò da lei e sparì tra la folla. Un attimo dopo, Constance ricordò dell’uomo in fuga, ma sembrava che il baccano iniziale si fosse placato all’improvviso e tutto fosse tornato come qualche minuto prima. Si guardò intorno, alla ricerca del possibile fuggiasco e dei suoi inseguitori.
    "Maurice, dove sono andati gli uomini che prima gridavano? E il criminale?”.
    “È appena passato, ve lo siete perso per un soffio!” commentò il mercante, “Ah! Tanto chiasso per un ragazzo!”.

    ***



    Il convento di Madelonnettes sorgeva su una piccola collina, aldilà delle mura di Parigi ad un giorno a cavallo.
    Sovente Constance percorreva quel tragitto col marito quando quest’ultimo aveva del lavoro da sbrigare fuori città e approfittava dell'occasione per andare a far visita alla Madre Superiora del convento, la quale, in un tempo ormai lontano, era stata un'amica di sua madre.
    Si conoscevano da quando lei era piccina ed incontrare un volto amico di tanto in tanto non poteva che distrarla dalla sua vita perfettamente piatta con Bonacieux. Magari le preghiere verso Dio avrebbero potuto farle digerire l'amara pillola del matrimonio.
    "Benvenuta mia cara Constance! È sempre un piacere averti tra noi!" la accolse la Madre Superiora con il più caloroso dei sorrisi.
    "Grazie Madre, la vostra premura nei miei riguardi non fa che rendere questo ritiro ancora più piacevole", rispose Constance abbracciando la donna anziana.
    "Lo sarà comunque anche senza di me, ricordate che siete qui soprattutto per il Signore, non di certo per una vecchia monaca con l'artrosi!" sentenziò la Madre, abbozzando un sorriso.
    Constance si guardò intorno, alla ricerca di qualcuno che le era caro quanto la donna che le stava di fronte.
    Cogliendo il suo sguardo, la Madre Superiora disse: "Suor Hélène è in refettorio, vi raggiungerà a salutarvi al più presto".
    Aveva conosciuto suor Hélène in uno dei suoi soggiorni al monastero. Era una donna energica, di spirito e dalla mente aperta con cui Constance aveva legato sin dal primo momento e d'altronde era la suora più giovane di tutto il convento con cui avrebbe potuto sentirsi perfettamente in confidenza. Le voleva bene e rivederla le avrebbe portato il conforto che nessun'altra amica a Parigi era riuscita ancora a darle.
    La Madre Superiora l'accompagnò fino alla sua stanza dall'aspetto spartano, semplice ed essenziale. Collocò il borsone sul letto e dopo qualche minuto sentì bussare alla porta: era suor Hélène.


    "Come state Constance? Non ho più notizie di voi da molto tempo". Erano sedute sul letto della stanza, il sole era più alto rispetto a quando era arrivata Constance, presto si sarebbe desinato, ma ciò non impedì le due vecchie amiche di fare conversazione.
    "Oh, suor Hélène! La mia vita non potrebbe andare più normale di così! Bonacieux è un brav'uomo, ma vi confesso che sono sempre più infelice, non c'è niente della sua persona che riesca ad attrarmi e come se non bastasse, mi rimprovera per il fatto che io non riesca…", si fermò, impossibilitata a continuare la frase. Non aveva mai pensato di diventare madre e la cosa non la spaventava, ma semplicemente non era quello che voleva in quel momento. Non adesso, non con lui.
    Solo Hélène conosceva i turbamenti della sua anima e sapeva che di lei poteva fidarsi ciecamente senza rischiare che spiattellasse a qualcuno quello che albergava nel suo cuore.
    La monaca l'ascoltava senza perdersi una parola, non tralasciando nemmeno un silenzio, né un sottinteso.
    "Posso capirti, so cosa significa compiere scelte sbagliate... Ero sul punto di farlo anche io, di sposare un uomo a cui voglio ancora bene, ma che la nostra unione avrebbe portato alla più totale desolazione... per entrambi" si fermò, come persa in un altro tempo e luogo. Hélène non raccontava molto della sua vita precedente ai voti, ma Constance immaginava che quel periodo doveva essere stato abbastanza doloroso.
    Voleva saperne di più sull'uomo misterioso, ma non ebbe il tempo di chiedere perché ad un tratto il suo viso cambiò espressione. Si alzò.
    "Sta arrivando qualcuno... Visitatori?".
    Constance guardò dalla finestra: due uomini a cavallo ed una donna in sella davanti ad uno dei due cavalieri. Non portavano bagagli di alcun tipo con loro ed era più che evidente che il trotto delle bestie fosse concitato, come se stessero fuggendo da qualcosa, o da qualcuno.
    Parlò più a sé stessa che alla suora: "Guai".


    "Il portone non viene mai chiuso".
    Suor Hélène stava discutendo col moschettiere che aveva provato a chiudere il portone del monastero. Era un uomo alto, dai capelli scompigliati, gli occhi azzurri e profondi, la barba non troppo folta, ma curata ed una mascella pronunciata che esaltava la durezza dei tratti del suo viso. Tutto di lui richiamava al totale senso del dovere e la sua aura di autorità toglieva ogni dubbio su chi fosse lì a dare ordini.
    "Questa è un’emergenza" rispose l’uomo nel tentativo di chiudere il portone.
    Suor Hélène lo fermò, sostenendo il suo sguardo: “Chiunque è il benvenuto qui, ad ogni ora della notte o del giorno”.
    “Siamo i moschettieri del Re!” urlò il soldato.
    Moschettieri! Li aveva visti sfilare più volte in città, spesso era passata di fronte alla loro guarnigione provando una sorta di curiosità mista ad un’inspiegabile appartenenza al loro ordine. Erano la più alta autorità dopo il Re ed il Cardinale.
    “Rispondo ad un più alto potere” continuò imperterrita la suora, senza lasciarsi intimorire dalla sua carica.
    “È la vostra Regina, è vostro dovere proteggerla!” e così dicendo, indicò la donna che fino ad allora era rimasta in disparte senza proferire parola.
    Constance posò finalmente lo sguardo su colei che prima aveva completamente ignorato, attratta dalla timorosa ammirazione per quel moschettiere.
    Era incredibile come avesse davanti a sé la Regina di Francia: spoglia dei suoi abiti regali e dei suoi gioielli, portava una veste bianca dal tessuto semplice, i capelli erano sciolti e contornavano il suo bellissimo viso; appariva così inerme, eppure il suo portamento e la sua bellezza emanavano una sorta di nobile vulnerabilità a cui non si poteva negare il proprio rispetto. Era la prima volta che la vedeva da così vicino, dato che raramente era possibile intravederla durante le sue passeggiate in carrozza in città.
    Constance e suor Hélène vennero raggiunte dalle altre sorelle.
    “Chiudete il portone, sorella” ordinò la Madre Superiora.
    Le sue parole vennero ascoltate ed il portone sigillato.
    “Athos!” gridò un uomo dall’alto.
    Per un breve istante a Constance parve scorgere un impercettibile brillio negli occhi di suor Hélène.


    “Chiunque avesse la volontà di andare, può farlo adesso, con la mia benedizione” aveva annunciato la Madre Superiora.
    Si erano tutti quanti riuniti in sacrestia, le notizie che portava il moschettiere di nome Athos non erano affatto buone: la Regina era in pericolo ed i suoi sicari non avevano per nulla intenzione di arrendersi; sarebbero passati sopra il corpo di chiunque pur di portare al termine la loro missione.
    Nessuna delle consorelle parlò, erano disposte a restare e proteggere sua Maestà; anche Constance lo era, seppur i motivi erano ben diversi: certo, avrebbe fatto di tutto per difendere ed aiutare i moschettieri e la casa reale, ma percepiva pure una pulsione che la spingeva a mettere a rischio la sua vita, una scarica di adrenalina le percorreva tutto il corpo, era come eccitata che nella sua monotona vita fosse finalmente arrivato quel momento di avventura e pericolo che avrebbe segnato la sua esistenza.
    “Sembra che siamo tutte al vostro servizio” disse la Madre Superiora ad Athos.
    La Regina le fissò tutte, con occhi pieni di gratitudine: “La vostra lealtà non verrà dimenticata”.
    Mentre Athos e la Madre Superiora discutevano su come resistere ai nemici, Constance non poté fare a meno di osservare suor Hélène che a sua volta lanciava delle occhiate sfuggenti all’altro moschettiere. Era sicuramente un bell’uomo, dal baffo curato, dai tratti delicati e Constance non escludeva il fatto che si potessero contare sulle dita di una mano le donne che non erano ancora cadute ai suoi piedi. Sembrava quasi che suor Hélène non facesse eccezione, ma lei era una monaca e anche molto salda nei suoi principi, era impossibile.
    “C’è altro che possiamo usare. Posso mostrarlo ad Aramis”, disse Hélène.
    Aramis la guardò stupito, così pure Constance: come faceva a conoscere il suo nome se non si era ancora presentato?


    Il tempo delle preghiere era finito. Bisognava agire immediatamente o i due moschettieri sarebbero potuti soccombere da un momento all’altro.
    I nemici erano molto più numerosi, ma non avevano fatto i conti con le suore del convento. La Madre Superiora sapeva essere una persona risoluta e la meno religiosa delle suore quando la circostanza lo richiedeva. Quello era sicuramente uno di quei casi.
    Constance, suor Hélène e alcune sorelle l’avevano seguita lungo il corridoio esterno della cinta muraria del convento. Trasportavano con loro una cesta piena di ampolle con del brandy e delle pezze che avrebbero usato come stoppini. Avevano intenzione di respingere i sicari lanciando loro addosso delle bottiglie infuocate.
    Sotto l’incessante rumore di spari, l’esaltazione di Constance cresceva sempre di più: sull’esempio di suor Hélène, prese anche lei una bottiglia di brandy, avvicinò l'ampolla al cerino e la lanciò contro uno degli uomini che tentavano di scalare le mura.
    Lo prese in pieno e per poco si trattenne dall’esultare. Impavida, centrava i nemici che tentavano di invadere il convento: sembrava riscoprire un nuovo lato della sua persona, la Constance che non ha paura e che combatte per il bene in difesa dei deboli, come facevano i moschettieri.
    Prese un’altra bottiglia e continuò a colpire, centrando il bersaglio.
    Man mano i criminali furono respinti, un fischio li richiamò alla ritirata. Scambiò uno sguardo rapido con Hélène che le ammiccò: la prima battaglia era stata vinta.


    “Ricordo un giovane costretto a sposare una ragazza che aveva sedotto e messa incinta”.
    Così era questo il segreto di suor Hélène. Ed Aramis era l’uomo che aveva costituito una parte importante, seppur dolorosa, della sua vita e che non aveva mai dimenticato.
    Constance si ritrovò ad origliare inconsapevolmente la loro conversazione. Era andata a cercare suor Hélène nel caso le servisse il suo aiuto per portare il brandy restante in cantina, ma aveva sentito lei ed Aramis parlare riguardo il loro passato e non aveva resistito. L’unica cosa che la tratteneva dal sentirsi in colpa nell’ascoltare la conversazione privata della sua amica era che in convento c'erano molte suore: per confessarsi avrebbe avuto l’imbarazzo della scelta.
    “…non mi ha messa qui lui. È stata una mia scelta”, stava continuando la suora.
    “Perché?” chiese Aramis.
    “Era la cosa giusta da fare. Guardateci adesso. Abbiamo trovato le nostre vere vocazioni: la mia per Dio e la vostra per la spada. Sarebbe stata una vita miserabile”.
    Constance ebbe un tuffo al cuore. Lei non aveva avuto scelta, si era dovuta sposare indipendentemente dalla sua volontà. Invidiava in segreto la vita della sua amica: benché avesse rinunciato alle proprie libertà per chiudersi in convento, aveva comunque seguito il suo desiderio di votarsi a Dio, aveva agito a suo modo e nulla e nessuno era riuscito a smuoverla dalle sue decisioni. E nonostante tutto, l’uomo da cui si era allontanata provava ancora un affetto immutato per lei.
    “Credetemi… Dio è stato buono con noi”, concludeva Hélène, prendendo la cesta e lasciando la stanza.
    “Non con me” disse Constance a pochi passi dalla suora.
    Hélène si girò sorpresa e guardò con indulgenza la donna: “Constance! Io…”, sembrava cercare le parole giuste.
    “Perdonatemi suor Hélène, ma non ho potuto fare a meno di ascoltare le vostre parole un momento fa”.
    Constance le si avvicinò, provando una leggera vergogna nel confessare il misfatto, “Ma vi giuro che non era mia intenzione impicciarmi dei vostri affari, né tantomeno andare a spettegolare sul vostro conto. Nessuno saprà mai quello che voi ed Aramis vi siete detti”.
    Suor Hélène si addolcì: “Non potrei mai arrabbiarmi con voi. Siete perdonata” e le accarezzò una guancia, come a levarle di dosso il senso di colpa per aver invaso la sua intimità. Quel gesto di affetto fu un balsamo per Constance, che per un istante aveva creduto di aver perso la fiducia dell’amica.
    Prima di sparire alla sua vista, le disse: “E non temete: Dio è buono con tutti, lo sarà pure con voi. Le vie del Signore sono infinite”.
    A Constance parve una frase di circostanza, quelle usate dai sacerdoti quando nemmeno loro riuscivano a spiegarsi perché le cose andavano male nel mondo, ma non stette a rimuginarci più di tanto, anche perché non ebbe il tempo di farlo. Il boato di uno sparo l’aveva riportata alla realtà.


    “Li ho finiti. A te quanti colpi rimangono?”.
    Osservava la mano di Athos. Gli erano rimasti solo due proiettili. Constance quasi gemette dallo sconforto. Ne aveva avuto anche troppo in quelle ultime ore. Suor Hélène era stata uccisa in un’imboscata, Aramis aveva sparato ai due criminali che si erano creati un passaggio nella cantina e avevano preso in ostaggio la sua amica. Ma era stato tutto inutile, la sua tenera anima le aveva concesso giusto il tempo di dire addio all’uomo che non aveva smesso di volere bene, prima di lasciare il suo corpo mortalmente ferito.
    Constance aveva pianto per tutta la notte, non riusciva a capacitarsi che non ci fosse più, una donna così forte e battagliera anche contro quei terribili uomini che le avevano tolto la vita. Sperava un giorno di essere come lei, saggia, coraggiosa e determinata.
    Il giorno dopo, i sicari avevano fatto irruzione nel convento e i moschettieri, la Regina, la Madre Superiora e Constance erano dovuti scappare per i sotterranei del monastero, alla ricerca di una via di fuga. Si erano rifugiati in una stanza, assediati dagli uomini ingaggiati per uccidere sua Altezza.
    “Ce ne sono almeno altri quattro lì fuori”, le parole di Aramis non erano per nulla rassicuranti.
    Il moschettiere prese il proiettile e caricò l’arma. La Madre Superiora stringeva la corona del rosario, pregando. La Regina era visibilmente pallida ed il suo petto si alzava e abbassava affannosamente. Solo Constance si sentiva stranamente calma.
    Aramis sparò.
    “L’hai colpito?” chiese Athos, ma sembrava già conoscere la risposta.
    Aramis parve quasi offeso: “Athos! Per favore!”.
    “È il nostro ultimo colpo”, sentenziò Athos, guardando la sua arma.
    “Non proprio” disse Constance.
    La guardarono come se fosse apparsa all’improvviso nella camera. Non si aspettavano di certo che parlasse, né che dicesse qualcosa che desse loro speranza. Mostrò il moschetto che la Madre Superiora usava per sparare ai conigli e ai protestanti, come le piaceva simpaticamente raccontare.
    Aramis fece un fischio: “Madame, adoro il vostro spirito di iniziativa! Mi stupisco che non ci siamo incontrati prima in città! Dovreste venirci a trovare più spesso quando ritorneremo”.
    Se sopravvivremo, pensò Constance senza esprimere ad alta voce il suo pensiero. La sfiducia non era ciò di cui avevano bisogno in quel momento.
    “Se dovessi lamentarmi di una missione non abbastanza avvincente…” fece per dire Aramis.
    “…ti darei un pugno così forte che preferiresti i calci”, concluse Athos al suo posto.
    “Stavo per dire: ricordami questo momento, ma va bene lo stesso”.
    Se la situazione non fosse stata così tragica, Constance sarebbe scoppiata a ridere. Le piacevano molto i moschettieri, riuscivano a sdrammatizzare anche nei momenti peggiori. Il loro ottimismo le dava il coraggio di non disperare e forza per andare avanti.
    Aramis si sporse per guardare, ma proprio in quel momento, dall’altro lato, un uomo puntò l’arma sul moschettiere.
    Constance non aveva mai sparato in vita sua, l’aveva solo visto fare, ma si lasciò guidare dall’istinto: puntò la canna verso il nemico e premette il grilletto. Il suono dello sparo fu più forte di quanto pensasse, vide uscire del fumo e poi il soffitto della stanza. Il rinculo l’aveva sbalzata all’indietro, facendole sbattere la testa sul pavimento.
    Non seppe se fosse riuscita a colpire il criminale o se l’avesse mancato, perché svenne per la botta. L’ultimo ricordo fu il viso preoccupato della Madre Superiora che le mormorava qualcosa che non riuscì a sentire.

    ***



    Constance non credeva alle sue orecchie! La regina Anna l’aveva convocata al Palazzo per chiederle di diventare la sua dama di compagnia e la sua stretta confidente!
    Sembrava incredibile, quasi un sogno che viveva ad occhi aperti. La Regina non aveva dimenticato il prezioso aiuto di Constance e delle suore nell'aver sventato l’attentato che aveva messo a rischio non solo la sua vita, ma anche quella di tutte le persone che si erano prestate a proteggerla. Eppure, non tutti ce l’avevano fatta, la morte di suor Hélène era una ferita ancora aperta.
    Dopo essere svenuta, erano arrivati i rinforzi ed ucciso l'ultimo dei mercenari, riuscendo a scoprire il nome del loro mandante. Constance si era svegliata solo dopo che i moschettieri e la Regina avevano lasciato il convento per tornare in città e si era fatta raccontare tutto dalla Madre Superiora. Con sua enorme sorpresa, era riuscita a ferire l'uomo che stava quasi per sparare ad Aramis, colpendolo alla spalla.
    Dopo la notizia del suo prossimo ingresso a corte, Constance era tornata indietro a recuperare il cappello che Bonacieux aveva lasciato su una sedia in attesa della loro udienza e adesso scendeva felicemente le scale, pensando alla svolta che avrebbe avuto la sua vita dopo aver accettato quell’importante incarico.
    Fantasticando, non fece caso all’uomo con cui si scontrò. Il cappello le sfuggì di mano.
    “Vi chiedo scusa!” disse Constance.
    “Perdonatemi voi, madame. Mi siete apparsa all’improvviso e non vi ho vista” disse l’uomo con lo spallaccio in cui era inciso il simbolo del giglio. Un moschettiere.
    Guardò meglio il viso del soldato. Era solo un ragazzo! Un bel ragazzo, alto, slanciato, gli occhi color nocciola e gli angoli della bocca all’insù. Per caso, era per lei quel sorriso?
    “Madame Bonacieux! È un piacere rivedervi!” disse Aramis che stava proprio accanto al giovane. Non aveva visto né lui, né Athos, né l'altro uomo che stavano ai lati del ragazzo.
    “Anche per me, Aramis… Athos” disse la donna, spostando lo sguardo sull’altro moschettiere che aveva conosciuto durante la sua breve avventura.
    “Cosa vi porta qui?” chiese Aramis, percettibilmente curioso.
    “La regina mi ha convocato per chiedermi se volessi far parte della sua corte come sua confidente ed io ho accettato la sua offerta” disse, accorgendosi con la coda dell’occhio che il giovane moschettiere la osservava e al tempo stesso l'ascoltava con vero interesse.
    “Allora, vi rivedremo spesso da queste parti” disse Athos che non aveva aperto bocca fino a quel momento.
    Si congedarono, ma prima che tornasse dal marito, il giovane la chiamò: “Madame Bonacieux! Avete dimenticato questo!”. Aveva scordato di raccogliere il copricapo da terra.
    Constance prese il cappello e nel farlo ebbe un brevissimo contatto con la sua mano. Una scossa la percorse per tutto il corpo e le sue guance avvamparono inspiegabilmente.
    “Potete chiamarmi Constance, monsieur!” disse con un sorriso.
    “E voi a me, d’Aratgnan!”.
    Le parole di suor Hélène riecheggiarono nella mente di Constance, acquisendo finalmente significato: Le vie del Signore sono infinite. Così come lo erano quelle del destino.
     
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    Bella questa storia. Un po' un ritorno al romanzo, D'Artagnan e Constance si conoscono quando lei è già alla corte della Regina. E tutti questi piccoli fatti in cui per un pelo non si incontrano fino all'ultimo, ma alla fine è come se in ogni caso fossero predestinati. La scelta della puntata per una come me ex cabrerina diventata burketta è la puntata perfetta (chiaramente dopo la 2x05) e le battute citate qua e là mi facevano apparire i fotogrammi della serie. Complimenti!
     
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    Storia carina, ma in alcuni punti l'ho trovata un po' confusa, ci sono tratti in cui la protagonista è Constance e Helene è la spettatrice ma nelle frasi successive diventa Helene la protagonista quando invece dovrebbe agire Constace, e viceversa.
    Inoltre ci sono . e ! nella prima parte che sono un po' eccessivi.
    Anche in questo caso, come per l'altro, lo stile non mi ha fatto impazzire però anche a te faccio i complimenti.
     
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    Carina questa storia, alla fine D'Artagnan e Costance sono destinati sempre ad incontrarsi
     
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    Molto ben caratterizzata ed ambientata, all'inizio la storia ti introduce e ti accoglie come se fossi accanto a Constance e prosegue con uno stile di scrittura fluido che non risparmia descrizioni che ti catapultano nelle scene.
    Ottima la trovata del capello sia all'inizio che alla fine, una sorta di filo sottile che prima distrae Constance ma poi l'avvicina a colui a cui era destinata fin dal giorno del mercato. Complimenti sia per la fantasia che per aver saputo inserire Constance nella trama di un episodio cruciale della storia generale, in modo armonioso e perfettamente coerente al personaggio.
    Brava!

    PS: oh, sì... mi manca leggere queste storie!
     
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    Il Destino!!!
    Questo argomento mi piace tanto!
    Ma bella questa storia. Bella la descrizione del mercato. Brava!
    Mi piace l’idea che comunque siano destinati a stare assieme.
    Questa cosa del cappello è una bell’idea!
    Ottimo!
    Complimenti!
     
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    Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.

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    Madonna, leggendo queste due storie mi rendo conto che non ricordo una mazza della prima stagione :')
    Qui la protagonista è constance, ne abbiamo poche di storie in forum dove la vediamo in primo piano, se non sbaglio...
    L'inizio è un po' lento, non ero davvero interessata alla spesa di constance, però in un secondo momento si inserisce bene nella vicenda del convento, nonostante fosse del tutto assente in quella puntata (?). Il cappello come filo del destino, ironico visto che un cappello d'artagnan non ce l'ha!
    Complimenti!
     
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    Complimenti per aver saputo fondere e incastrare episodi così diversi! Non deve essere stato facile. Brava autrice! I Constagnan si ritrovano in qualsiasi dimensione.
     
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    Premessa non ho letto la storia.
    Ma vedere racconti così lunghi, sottolinea l'impegno e il tempo che ci perdete. :)
     
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